Il mistero del Guggenheim - Robin Stevens da un'idea di Siobhan Dowd. Trad. Sante Bandirali. Edito da Uovonero.

Dopo il grande successo de “Il mistero del London Eye”, torna un altro romanzo di Siobhan Dowd,  tradotto da Sante Brandirali e pubblicato postumo in Italia da Uovonero, nella collana i geodi Il mistero del Guggenheim.


La storia era uno dei tanti progetti di Siobhan Dowd - prematuramente scomparsa nel  2007 - in veste di autrice e di attivista per il riconoscimento della libertà di espressione e per i diritti civili degli scrittori e dei lettori; il suo impegno sociale prosegue oggi con la fondazione “The Shiobhan Dowd Trust”,  istituita poco prima della sua morte e voluta per finanziare, con i proventi derivanti dalla vendita dei suoi libri, progetti  di diffusione della lettura, piccole librerie ed editori specializzati nella letteratura destinata ai più giovani.
In tutti i suoi libri traspare una grande  sensibilità e la capacità di tradurre su carta i pensieri  di bambini e ragazzi che vivono in situazioni di difficoltà. Una penna profonda di contenuti ma sempre accompagnata da una trama avvincente e decisamente capace di entrare nelle corde dei giovani lettori.
E’ evidente come sia importante proseguire nella pubblicazione dei romanzi rimasti incompiuti come Il mistero del Guggenheim, peraltro una sorta di seguito del precedente mistero, quello del London Eye.

La stesura del testo è stata affidata a Robin Stevens: studiosa di letteratura poliziesca, scrittrice a tempo pieno di best seller pluripremiati, si è dedicata a questo libro approfondendo il mondo dei furti di opere d’arte ma soprattutto cercando di entrare nella mente del vero protagonista dei due romanzi, Ted, per capire come pensa, agisce e risponde un bambino affetto dalla sindrome di Asperger.

Sì, perché se tutto ruota intorno alla sparizione di un quadro di Kandinskij dal museo Guggenheim di
New York- Il quadrato nero, ciò che ci tiene incollati alle quasi 300 pagine e ci conduce alla soluzione del furto, è seguire il ragionamento di Ted.
Mi  chiamo Ted Spark.
Ho dodici anni e 281 giorni. Ho sette amici.
Nella cartella argentata con sopra scritto Le mie bugie, ci sono nove bugie.
Da grande farò il meteorologo.

L’approccio al libro non è inizialmente semplice, la scrittura si muove secondo i percorsi mentali di Ted, percorsi che viaggiano su binari a cui non siamo abituati: fissazioni, osservazioni meticolose, fastidio al contatto fisico, difficoltà nell’interpretare il linguaggio del corpo, la mimica facciale, le espressioni figurate.  Si tratta di segnali tipici di chi è affetto dalla sindrome di Asperger.

Forse c’entra il mio strano cervello, su cui gira un sistema operativo diverso da quello delle altre persone.
E’ per questo che per me le cose che seguono degli schemi come la meteorologia sono molto importanti, e che riesco a notare dettagli che nessuno vede
[…] riesco a creare connessioni di cui gi altri non sembrano capaci.

Dopo qualche pagina il labirinto mentale di Ted diventa il nostro e piuttosto che mantenere l’attenzione sul suo modo di ragionare, ci si lascia guidare e la storia fila con rapidità.
La diversità non si ravvisa più, è la storia a prendere il sopravvento.

Ted si trova a New York con la mamma e la sorella Kat, un’adolescente vivace e un po’ ribelle, in visita alla zia e al cugino Salim. Zia Grace lavora proprio al museo Guggenheim, e si sta occupando dell’allestimento di una mostra di pittura.

Nella valigia ho messo la mia enciclopedia, la sveglia nuova, la radio, lo spazzolino da denti e due paia di mutande. Sopra ho messo una copia dell’Odissea, che è il libro delle avventure di Ulisse.
Non ero ancora sicuro di essere felice di questo viaggio.
Lungo la storia, Ted più volte ritornerà sul disagio che il viaggio gli causa: fuso orario, stile di vita frenetico, luoghi sconosciuti, mancanza di punti di riferimento e tante, troppe, persone nuove con atteggiamenti e frasario da decifrare.

Eppure riuscirà ad andare oltre le sue paure, afferrandosi mentalmente e sempre ai suoi punti di forza, in primis sentendosi alla ricerca come Ulisse sulla sua nave – che spesso ritorna lungo il racconto, e poi riportando ogni cosa a degli schemi, logici e storici.
Si accorge che il muro di vegetazione che ha di fronte è Central Park, perché ricorda informazioni della sua enciclopedia "Central Park è stato aperto nel 1857 e ha una superficie di 843 acri". Così ho visto quello che avevo già visto nell’enciclopedia: all’interno del Guggenheim c’erano cerchi ovunque".
e riesce a ritrovare la calma entrando nel Museo Guggenheim per la prima volta, "
Anche le impalcature all’interno del museo diventano rassicuranti quando deduce che "sembravano molto solide, ma potevano essere smontate come delle semplici linee".

Ogni osservazione di Ted sarà un tassello utile alla risoluzione del giallo e alla definitiva scarcerazione di zia Grace, ritenuta responsabile del furto.

Siamo saliti per i gradini, due serie di nove, che compiono due svolte con un angolo di sessanta gradi, con piccole luci triangolari alle pareti. […] alla nostra destra c’era un passaggio […] ci siamo trovati improvvisamente in una sala rettangolare con le pareti bianche e il soffitto basso.

La storia è avvincente come un giallo, arricchita da elementi umoristici. Nella confusione che segue il furto e l’arresto della zia,  i tre ragazzi cominciano a seguire una pista personale, l’intraprendenza di Kat, l’insistenza nel coinvolgere il fratello, le intuizioni di Ted e gli scatti i Salim, appassionato fotografo, capovolgeranno le indagini della polizia e porteranno al ritrovamento del quadro.
Ho chiuso di nuovo gli occhi, mi sono messo le mani sulle orecchie e ho respirato rapidamente. Dovevo pensare. Ho fatto girare nella mente il Guggenheim e la sua rampa […]. Ho pensato alle voci, alle linee telefoniche e ai messaggi di testo. Ho pensato a come nascondere un quadro, alle bombe fumogene, agli utensili. […] Ho pensato agli esterni e agli interni, e a tutte le cose sorprendenti che avevamo scoperto sulle persone.
E ho trovato la soluzione del Guggenheim.
L’atmosfera familiare, con le difficoltà tipiche di ogni famiglia alle prese con due figli, di cui una adolescente, è serena, il disturbo di Ted è vissuto con assoluta naturalezza: la mamma interviene solo quando è in difficoltà, Kat non gli lesina qualche battutaccia e, con leggerezza, sfrutta la genialità del fratello.

In parallelo all’indagine, Ted riesce anche a scoprire cosa si nasconde dietro all'apparente complicità tra Salim e Kat, complicità che lo turba: Ted ha sette amici e Salim è tra questi. Si scoprirà che la realtà è un’altra e Ted non è stato coinvolto negli scambi tra i due semplicemente perché le bugie, nella rigorosità di Ted,  non sono ammesse.

Lettura assolutamente consigliata, per ribaltare il punto di vista sulla diversità e scoprire quanto valore e quanta intelligenza possa trovarsi nell'essere diversi.

Sul finale un’illuminante riflessione di Ted, da annotarsi:
….ero andato alla ricerca come Ulisse ed ero diventato un eroe e avevo risolto un mistero, e anche se mi sentivo cambiato, sapevo di essere lo stesso Ted di sempre. Il mio cervello era ancora unico, ed era un bene. […]. Ero Ted Spark. E questo mi rendeva felice.


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