Un DSA - bambino, ragazzo, adulto - è sinonimo di difficoltà. D'altra parte lo dice l'acronimo stesso, Difficoltà Specifiche d'Apprendimento. Il pensiero comune, molto diffuso, afferma sostanzialmente due cose: i DSA sono tanti, troppi, e poi hanno davvero dei limiti oggettivi? oppure il giusto impegno è sufficiente?
Sfatiamo tutti i miti, forti di un fraseggiare senza le giuste informazioni.
E' vero, si parla molto di DSA ma i numeri non sono davvero alti ovvero sono tanti i bambini sottoposti a test per verificare l'eventualità di una diagnosi e quindi agire di conseguenza ma questa si chiama prevenzione e consente di mettere in atto i protocolli previsti in caso di effettiva certificazione o di escluderla e andare a indagare l'esistenza di altre patologie e temporanei disagi.
Quanto ai limiti oggettivi ci sono e non si superano, se il termine superare lo si intende come sinonimo di curare. Si superano se si riesce ad accettarli, compensarli e trovare il proprio stile di apprendimento; perché, non dimentichiamocelo, cavarsela bene nel calcolo, saper parlare bene e scrivere correttamente è desiderio di ognuno.
Guardiamoci intorno, tanti DSA sono riusciti in grandi cose ma partendo dalle propria difficoltà senza ignorarle.
Philip Schutlz ne La mia dislessia - edito da Donzelli Editore ha raccontato con estrema chiarezza la personale lotta per diventare scrittore, fondare una scuola di scrittura e vincere un Premio Pulitzer per la poesia (il premio Pulitzer è la massima onorificenza statunitense).
E ' un breve libro, di lettura scorrevole e piacevole.
In più parti tocca emozionalmente, soprattutto se si è provato a vivere la dislessia in prima persona o da vicino.

A scuola fu introdotto nella classe dei cretini. Finì per comportarsi da cretino e fu espulso. D'altra parte, talvolta per farti accettare nel gruppo hai due strade: o hai la battuta pronta e risulti simpatico, oppure alzi le mani per non farti prendere in giro. In tutt'e due i casi il rischio è l'espulsione.
La svolta: un'insegnante chiese a Philip cosa desiderasse fare da grande. "Lo scrittore", rispose di getto. Grassa risata dell'insegnante.
Poteva finire lì, al contrario da quella stessa sera Philip inneggiò una lotta con i libri e si convinse che, se fosse riuscito a leggere, certamente avrebbe anche potuto scrivere.
Ogni volta era una sfida
spesso devo leggere una frase due o tre volte prima di capirla veramente; devo ricostruire la sintassi e pronunciare le sillabe prima di poterne assorbire il significato e passare alla fase successivaE poi l'ansia, compagna di ogni giorno
capivo di essere diverso dagli altri. Vivevo in un mondo di differenze misurabili non dalle apparenze, ne' dai soldi ne' dall'intelligenza. [....] La mia diversità era un po' bizzarra. Il mio cervello non ubbidiva ne' a me ne' ai miei genitori ne' agli insegnanti. [...] Quasi mai capivo cosa mi si chiedeva. Tutto mi metteva ansia, più avevo paura, più diventavo ansioso e quasi tutto pareva mettermi ansiaNel libro l'autore racconta quanto la dislessia faccia soffrire e sia un attacco violento alla propria autostima. Perché non posso riuscire in qualcosa in cui tutti i normodotati riescono, perché sono costretto a usare strumenti per compensare atti apparentemente così semplici, come leggere e scrivere?
Per me - che sto scrivendo questo articolo, traggo piacere nel leggere e lo faccio spesso in modo compulsivo - è stato per molto tempo incomprensibile decifrare le difficoltà dei miei figli. Mi provocava rabbia percepire l'incapacità di decifrare un qualsiasi testo scolastico e la mia rabbia sottraeva ogni volta un tassello al loro benessere. La diagnosi consente di fermarsi e capire ma non deve far abbassare il livello di attenzione: questi bambini tendono a sottrarsi a qualsiasi sfida, non solo scolastica, ma anche sportiva, ludica. Mettersi in gioco sembra un ostacolo insormontabile; col tempo ho imparato ad offrire loro attività creative, in cui poter sviluppare le capacità immaginative e ad aiutarli a non rinunciare davanti alla sensazione di paura.
Eppure la dislessia si può raggirare, capendo il funzionamento del proprio cervello e
usando il potere dell'immaginazione, dell'intuizione e della sensibilitàPhilip Schultz ci è riuscito, è diventato un noto poeta e scrittore, ha insegnato all'Università e ha fondato una scuola di scrittura.
L'ulteriore svolta nella sua vita è stato scoprire la dislessia del figlio, doverlo aiutare e supportare gli ha permesso di rielaborare il suo passato, andare oltre e regalarci questo breve e talvolta ironico scritto.
Nessun commento
Posta un commento